Per l’avvio del nuovo anno scolastico abbiamo intervistato i nostri docenti riportandoli con la memoria a quando erano piccoli ed hanno iniziato a fare musica. I nostri docenti sono diplomati e laureati in Conservatorio e si sono specializzati in didattica per l’infanzia e l’adolescenza nei nostri corsi di formazione sul Sistema Goitre, il pensiero didattico che ci caratterizza, oltre a frequentare corsi e seminari di aggiornamento. Tutti hanno iniziato da piccoli ad approcciarsi alla musica e in queste brevi interviste raccogliamo i loro esordi musicali e le emozioni legate alla musica.

LORELLA PERUGIA, docente dei Laboratori collettivi, Chitarra, direttrice del coro “Le Voci dei Mareschi” e co-direttrice del “Coro di Voci Bianche e Giovaniledel Centro Goitre. Formatrice Sistema Goitre ed esperta esterna di musica nella scuola pubblica.

Quando hai iniziato a fare musica? 

Appartengo a una famiglia sensibile a tutti i linguaggi artistici, sebbene io abbia iniziato a 11 anni a studiare la chitarra (relativamente tardi secondo i canoni del “musicista che sceglierà quella professione”) la musica ha fatto parte della mia infanzia da subito: i miei genitori mi portavano ai concerti fin da piccolissima, si preoccupavano di fornirmi l’occorrente per disegnare e lasciavano che mi addormentassi quando era troppo tardi e la stanchezza prevaleva, in braccio a loro o, anche meglio, in qualche confessionale di chiese sconsacrate. Questo mi permetteva di vivere la musica rigorosamente dal vivo come un momento di condivisione familiare; mia madre cantava per me e mio fratello ogni sera per addormentarci, canti di montagna, nenie, melodie di ogni tipo anche inventate; mio padre faceva parte di un coro maschile di montagna e ricordo quei momenti socializzanti in cui dopo una bella mangiata e bevuta iniziavano ad intonare i loro canti che io ascoltavo rigorosamente ai loro piedi, sotto il tavolo. Poi c’erano fiabe che leggevamo e registravamo con genitori e nonni in cui c’era musica, dialogo, narrazione. E da un poco più grande ricordo le improvvisazioni vocali che io e mio fratello avviavamo in macchina, nei lunghi viaggi, per passare il tempo. Tanti momenti passati in famiglia in cui la musica era parte integrante dello stare insieme, non un sottofondo: questo credo ha formato il mio orecchio prima ancora che mettessi mano ad uno strumento musicale. Per questo sono convinta che per vivere la musica lo studio strumentale sia solo uno degli infiniti tasselli, e debba arrivare quando il corpo, le mani, l’orecchio e la voce sono pronti a riceverlo e a “dominarlo”. 

La prima parola che ti viene in mente quando pensi alla musica? 

Lavoro vale? 🙂 A parte gli scherzi la musica è una componente primaria del nostro agire ma credo venga fraintesa nel pensiero comune: “la musica è arte”, e questo implica che solo gli “artisti” la possono eseguire e diffondere (con tutte le implicazioni che la parola “artista” si trascina nel pensiero diffuso). La musica è molto più di un linguaggio artistico o, almeno, l’aspetto artistico è solo una delle sue componenti: i suoni ci circondano e influenzano moltissimo del nostro agire e noi facciamo musica in molti modi. La musica è un elemento potente per sviluppare molti potenziali dell’essere umano, ma è vista in maniera ancora troppo limitante. La musica andrebbe vissuta di più, nelle sue mille sfaccettature e da tutti. 

Se devo dirlo in una parola la musica è vita.

Un ricordo di quando eri piccolo/a legato alla musica

Tra i ricordi ancora nitidi ci sono i canti improvvisati senza parole che facevo con mio fratello in macchina, per intrattenerci in un’epoca senza telefonini. In un mondo come quello di oggi in cui tutto è memoria, in cui c’è una foto, un audio, un video per tutto e per tutti, mi dispiace non avere più niente di quelle lunghe catene di note, di vocalizzi spontanei, a volte ironici in cui le nostre due voci si intrecciavano, si accavallavano in un piacevolissimo ricamo senza che noi avessimo alcuna consapevolezza armonica, melodica, ritmica, ma solo istinto, orecchio, desiderio, gioco. 

BRUNO ZANCHETTA, docente dei Laboratori collettivi e Chitarra. Formatore nei corsi sul Sistema Goitre ed esperto esterno di musica nella scuola pubblica.

Quando hai iniziato a fare musica? 

I miei genitori mi raccontano sempre di come a uno/due anni già cantassi per casa ripetendo le melodie che sentivo, mentre a quattro anni per gioco brandivo un battitappeti come fosse una chitarra (ho ancora le foto). A livello scolastico e strutturato le prime attività in gruppo le iniziai quando avevo 6 anni, e da allora non ho mai smesso di fare musica.

La prima parola che ti viene in mente quando pensi alla musica? 

Domanda difficile, ma credo che si possa ridurre ad un ballottaggio tra “gioia” e “gratificazione”

Un ricordo di quando eri piccolo/a legato alla musica

Facevo seconda elementare, in una delle prime prove nel coro di voci bianche ci fecero cantare da soli la nostra parte di un brano. Nonostante fossi molto timoroso la cantai tutta e ne andai molto fiero

SERENA TARETTO, docente dei Laboratori collettivi e Flauto Traverso, co-direttrice dei cori “Le Voci dei Mareschi” e del “Coro di Voci Bianche e Giovanile” del Centro Goitre. Formatrice nei corsi sul Sistema Goitre ed esperta esterna di musica nella scuola pubblica.

Quando hai iniziato a fare musica? 

Ho iniziato a fare lezione di musica a 6 anni, ma in casa la musica c’è sempre stata.

La prima parola che ti viene in mente quando pensi alla musica? 

Sicuramente quando penso alla musica penso a “gioia e condivisione”

Un ricordo di quando eri piccolo/a legato alla musica

 Con il coro di voci bianche del Centro Goitre abbiamo partecipato ad alcune rappresentazioni teatrali della Carmen come Coro dei monelli. Per prepararci la direttrice ci aveva chiesto di conoscere anche le parti dei soli che avrebbero cantato prima di noi, in modo da poter essere totalmente autonome sugli ingressi. Mi ricordo i pomeriggi passati insieme ad ascoltare le registrazioni, imitando ironicamente i solisti (dopotutto eravamo bambine), tanto da arrivare a memorizzare più di quanto ci fosse stato richiesto. Sono state alcune delle prove di coro in cui ho riso di più e di sicuro hanno contribuito a consolidare il gruppo. Ormai abbiamo preso strade diverse, ma nessuna di noi ha smesso di cantare.

FRANCESCA BOFFITO, docente dei Laboratori collettivi e Chitarra.

Quando hai iniziato a fare musica?

A 11 anni i miei genitori mi hanno iscritta alla scuola media a indirizzo musicale della mia città, Alessandria. Volevo fare come la mia migliore amica dell’epoca, che studiava pianoforte! Prima di quell’età non studiavo musica, ma ce n’è sempre stata in casa: a detta dei miei genitori, cantavo in continuazione, storpiando i testi (poiché li capivo a modo mio, le parole inventate erano tante!) delle canzoni dei film Disney o seguendo come potevo i Genesis, De Andrè, Pink Floyd, Banco del Mutuo Soccorso, PFM, De Gregori e Guccini che i miei ascoltavano in casa.

La prima parola che ti viene in mente quando pensi alla musica?

Wow!!

Un ricordo di quando eri piccolo/a legato alla musica

Quando ero piccola mia nonna mi cantava canzoni inventate da lei, oppure canti della Resistenza e Gianni Morandi. Ogni tanto la memoria la tradiva e inventava qualche parola o qualche frase, ed era ancora più divertente!

ELISA PETRUCCELLI, docente dei Laboratori collettivi e Arpa.

Quando hai iniziato a fare musica?

A dodici anni. Ho iniziato seguendo i corsi di musica presso l’Associazione Iniziativa Musicale di Rivalta. È stato un bellissimo ambiente per crescere con sempre nuove esperienze e nuovi stimoli. 

La prima parola che ti viene in mente quando pensi alla musica?

Emozioni 

Un ricordo di quando eri piccolo/a legato alla musica

Quando da piccola i miei genitori mi cantavano le canzoni dei cartoni animati per farmi addormentare. Un altro ricordo che ho è quando ho visto per la prima volta gli Aristogatti. Inutile dire che mi sono innamorata dell’arpa a prima vista nella scena in cui suona Duchessa. Quella sera, o il giorno dopo non ricordo, mi sono messa a costruire con scatole, scotch, elastici e quello che trovavo in casa prima un’arpa poi una batteria come nel film.